Non sono un gran lettore di gialli, quindi scusatemi se sbaglio, ma il commissario Ottavio Ponzetti, il protagonista dei libri di Giovanni Ricciardi, è un poliziotto atipico. La prima cosa che ti viene da chiederti è come mai lo faccia; infatti lui è quanto di più lontano dal cliché dello sbirro. Ponzetti è un filosofo, un uomo di cultura, introspettivo, dai pensieri profondi. Sembra che si trovi a far quel lavoro per sbaglio, avrebbe voluto far altro, qualcosa di più intellettuale, legato al mondo delle idee, piuttosto che trovarsi per strada a risolvere casi concreti. Ed è proprio questo che lo rendono interessante. E le sue indagini diventano enigmi intellettuali da sciogliere. È un idealista, dove i valori vengono prima della legge, dove il cuore guida spesso la ragione.
A fare da contrappasso c’è Mario Iannotta, il suo collaboratore, che parla solo romanesco, semplice e realista, simpatico e fedele. Una coppia agli antipodi quindi, come nei migliori classici polizieschi. Le indagini non si svolgono sul piano dell’azione, ma sul piano del pensiero. Si tratta di enigmi da sciogliere dove la componente intellettuale gioca un ruolo decisivo nella risoluzione del caso.
Ho letto anche i primi due romanzi di Giovanni Ricciardi, I gatti lo sapranno e Ci saranno altre voci, ma Il silenzio degli occhi (Fazi, 2011) è il più riuscito. È un bel giallo, scritto bene, in modo pulito, con un tocco di romanticismo dove Roma ne fa da padrona. E Giovanni Ricciardi è molto bravo a disegnare i luoghi e gli angoli della città. Ti ci fa entrare, scoprire ed esplorare con a fianco una guida esperta.
Se siete un po’ nostalgici, romantici e disincantati, se amate Roma, se volete leggere un giallo profondo ma allo stesso tempo leggero, Il silenzio degli occhi non può che piacervi.
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