Finalmente l’ho finito. E il “finalmente” la dice lunga sul grande limite di questo romanzo: la lunghezza. Purtroppo mi sono ritrovato la versione integrale di 929 pagine. Durante la lettura sono addirittura andato in libreria per cercare l’edizione originaria, ma non l’ho trovata. E così ho arrancato fino alla fine.
Questo mio appunto sulla lunghezza de L’ombra dello scorpione di Stephen King non vuole essere una stroncatura, assolutamente, ma solo la sottolineatura del grande limite di un romanzo che altrimenti mi sarebbe piaciuto molto. L’ombra dello scorpione è un romanzo ambizioso, che descrive la fine della società a opera della supponenza dell’uomo occidentale che gioca con la natura a scopi bellici rimanendone sopraffatto (creando Capitain Trips, un virus che annienterà il 99% della popolazione mondiale) e la ricostruzione di una nuova società da parte dei pochi superstiti in una nuova battaglia finale tra il Bene e il Male.
Il tema è davvero affascinante e ricco di riflessioni. La trama è lenta nel catturare il lettore, procede a singhiozzi e solo nelle ultime trecento pagine ti incolla. Ma ripeto: dipende dalla lunghezza. Metà del romanzo poteva essere tagliato a mio avviso, e sarebbe stato un capolavoro. I personaggi sono ben delineati, ti entrano dentro, sono vividi, reali. Diventano i tuoi amici e i tuoi nemici. Ti schieri, sono i tuoi compagni di battaglia nella lotta contro Randall Flagg, il Signore delle tenebre. Ti immedesimi nell’impegno a costruire una società migliore, ad essere migliore per non ricadere negli errori passati, di una società (la nostra) malata. Ti chiedi cosa faresti tu, se fossi lì con loro, a Boulder, la città in cui si riunisce il popolo del Bene; e cosa faresti se ti trovassi invece a Las Vegas, quartiere generale del popolo del Male. Insomma, la storia intriga, ti risucchia, e Stephen King è abilissimo nella narrazione, come sempre. Peccato solo che mi sia ritrovato tra le mani l’edizione integrale. Peccato davvero.
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