A quasi due mesi dall’uscita, nessun giornalista che ha intervistato Federica Bosco le ha chiesto “Come mai ha scelto un titolo già esistente?” o, se lo ha fatto, non ha pubblicato la risposta. Io, che parto dal presupposto della buona fede, penso che se non lo ha fatto è semplicemente perché il giornalista non ne era al corrente. Quindi lo contatto, gli riferisco dell’accaduto, tanto perché non si dica, un giorno, che Gianluca Antoni ha copiato il titolo Il peso specifico dell’Amore a Federica Bosco.
E tra i giornalisti, c’è qualcuno che risponde. Di solito in modo molto educato ed empatico, della serie “Non lo sapevo, mi dispiace, posso capire quanto possa indispettire un fatto del genere”. Qualcuno chiede di poter leggere il romanzo “Originale”, tanto per farsene un’idea. Poi arriva una giornalista di una testata di una rivista femminile che ti risponde così:
“Buonasera a lei, purtroppo capita molto più spesso di quanto pensi che due libri abbiano lo stesso titolo (le allego gli esempi). Fossi in lei non me ne farei un cruccio, la cosa non le porterà via nemmeno un lettore, né le arrecherà danno alcuno, mentre facendone una questione c’è il rischio di dare l’idea che voglia speculare sull’incidente, visto che la Bosco è innegabilmente più popolare. La saluto con cordialità”
Per la cronaca il titolo che porta ad esempio è L’amore in un giorno di pioggia, stesso titolo per i romanzi di Sarah Buttler (edito Garzanti, titolo originario Ten things I have learnt about love) e di Gwen Cooper (edito Sperling & Kupfer, titolo originario Love saves the day). I due romanzi in questione hanno lo stesso titolo solo nella traduzione italiana e, soprattutto, sono usciti a due giorni di distanza l’uno d’altro (rispettivamente il 10 e il 12 settembre 2013), il che giustifica la scelta dello stesso titolo che non poteva risultare da una ricerca preventiva tra i titoli in commercio.
Ma ciò che mi colpisce del messaggio della giornalista è il suo significato implicito: siccome è una cosa che succede (più spesso di quanto pensi) allora diventa legittimo. Come se non esistesse l’art. 100 della Legge 633/1941, che recita che “il titolo dell’opera, quando individui l’opera stessa, non può essere riprodotto sopra altra opera senza il consenso dell’autore”.
Va bene, la giornalista non era al corrente del mio titolo già pubblicato, non era al corrente dell’articolo di legge, non era al corrente che i titoli da lei proposti originariamente avessero titoli diversi, ma era al corrente (eccome!) del giusto avviso da darmi: non se ne faccia un cruccio, facendone una questione c’è il rischio di dare l’idea che voglia speculare sull’incidente, visto che la Bosco è innegabilmente più popolare. Be’, cara giornalista, uno dei danni è proprio questo: non poterne parlare per il rischio che qualcuno possa pensare che voglia speculare sulla faccenda. Tutto si riduce a un principio economico, per lei. Chi vende di più, chi è più popolare ha il potere di fare quello che gli pare e piace. Gli altri devono stare in silenzio e subire.
Gentile giornalista, non è una questione economica, ma di principio. Il principio della correttezza, e magari anche della legalità visto che c’è un articolo di legge a suo sostegno.
Perciò, gentile giornalista, non seguo il suo avviso, non starò in silenzio. Mi assumo il rischio che qualcuno possa pensare che io ci voglia speculare sopra, ma confido nell’intelligenza di chi legge.
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