Sognare ad occhi aperti è un’attività che impegna l’uomo da sempre e gli permette di proiettarsi nel futuro e costruire un mondo di possibilità non ancora realizzate. Quante volte ci troviamo incantati a pensare a quello che vorremmo dalla nostra vita, immaginando il casale in campagna, il viaggio a New York, l’incontro con la persona amata, l’uscita del primo romanzo, l’emozione del parto, la vincita al superenalotto, l’acquisto della moto, o semplicemente di mandare a quel paese il nostro capo. Ogni volta che succede stiamo sognando ad occhi aperti.
È un’attività che ci impegnava buona parte del nostro tempo quando eravamo bambini. Nel gioco sognavamo di essere grandi, dei supereroi, dei divi dello sport o della tv, creando storie, trame, intrecci, eventi con cui ci rapportavamo come se fossero reali. Potevamo passare ore a inventarci conversazioni con persone immaginarie o reali, mettendoci nei panni dei personaggi, immaginando scenari che vanno al di là dell’esperienza quotidiana. Se qualcuno ci chiedeva cosa volevamo fare da grandi non avevamo esitazioni: il calciatore, la ballerina, il pompiere, l’astronauta, il cantante, la mamma, il dottore. Sapevamo cosa volevamo diventare, senza ombra di dubbio. Spaziavamo liberi con la fantasia, senza porre ostacoli. Eravamo certi di poter ottenere tutto quello che volevamo. Nessuna preoccupazione che ci mancasse qualcosa di essenziale come le capacità, il tempo, i soldi, le conoscenze, l’intelligenza, il talento. Nulla intaccava il nostro sogno. Nessuna paura di sbagliare o di fallire. Avevamo una determinazione ferrea e una fiducia cieca: volere è potere. Se voglio una cosa, posso ottenerla. Ci sentivamo onnipotenti e il mondo era un paese dei balocchi creato per soddisfare i nostri desideri.
Peccato che a un certo punto della nostra crescita, i nostri genitori ed educatori, timorosi che la vivida fantasia ci avrebbe estraniato a tal punto da farci diventare dei disadattati di fronte ai problemi reali, abbiano iniziato a minare questa nostra onnipotenza, disincentivando questa attività a suon di consigli: scendi dalle nuvole, stai con i piedi per terra, guarda in faccia la realtà, non illuderti, non puoi ottenere tutto dalla vita, devi adattarti, accetta i compromessi, i sogni sono una cosa, la vita è un’altra. Non lo hanno fatto con cattiveria, anzi: volevano proteggerci dalle delusioni, e renderci delle persone che potessero trovare il loro posto nella società. Per questo volevano che la scuola e lo studio diventassero le cose più importanti: prima il dovere, poi il piacere. Dovevamo toglierci i grilli dalla testa per dare spazio alle nozioni di italiano, matematica, geografia, storia. Dovevamo comportarci bene, essere educati, uniformarci alla classe e ai desideri degli insegnanti. Solo così potevamo prepararci adeguatamente all’età adulta. E così crescendo piano piano la nostra attività immaginativa è passata in secondo piano, diventando un optional, un diversivo, capace di minacciare la produttività richiesta da una società che ci vuole sempre al top della performance. E d’altronde è noto a tutti che chi si perde nei sogni viene considerato un fannullone.
Se questo processo educativo ha ridotto o addirittura annullato la tua attività immaginativa, beh, è davvero un peccato perché i suoi effetti benefici anche nell’adulto sono molteplici.
Ne parleremo nel prossimo post.
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