Mattia ha poco più di un anno e un mese fa, per la prima volta, ha mosso i suoi primi passi da solo, senza il sostegno e l’aiuto di qualcuno. Tre passi, poi è caduto. Ha gattonato fino al tavolo, si è rimesso in piedi e si è lanciato di nuovo. Tre magnifici passi ancora, prima di cadere. Non ha pianto quando è caduto, è rimasto seduto qualche istante, si è guardato intorno in cerca di qualche appiglio per tirarsi su. Gattonando lo ha raggiunto, si è alzato in piedi ed è partito nuovamente. Quattro passi in completa autonomia, prima di cadere.
Da quel giorno, per Mattia, l’avventura del camminare è l’esperienza più eccitante e meravigliosa al mondo. Ormai, con il suo incedere claudicante, come un ubriaco, riesce a fare lunghi tragitti. Imperterrito si avventura su ogni tipo di terreno: prato, spiaggia, sassi, mare. E alla fine, comunque, e puntualmente, cade. E non sempre in modo indolore. Più volte è caduto a faccia in avanti sbattendo il muso o centrando con la testa qualche ostacolo, un tavolino, una porta. Oppure, al mare, finendo con tutta la testa sotto l’acqua. Ma lui, Mattia, dopo un breve pianto e qualche lacrima versata, riprende il suo cammino.
Ho fatto un calcolo. Mattia cade e si rialza un centinaio di volte al giorno. Moltiplicato per 30 giorni, significa che finora lo ha fatto per ben 3000 volte! E ancora non ha finito. Lo farà ancora altre centinaia di volte prima di sentirsi sicuro sulle sue gambe e aver così acquisito la completa capacità di camminare senza più cadere.
Sembra incredibile, eppure è così. Mio figlio, come tutti i bambini, non si preoccupa di sbagliare. Sa cosa vuole, incurante di quanti errori dovrà commettere e di quante volte cadrà o si farà male. È programmato per superare ogni difficoltà pur di acquisire e affinare la capacità di camminare.
Lo stesso atteggiamento, Mattia, come tutti i bambini, lo adotta per acquisire tutto il bagaglio di competenze necessario alla vita: dal correre al parlare, dal saltare all’andare in bicicletta. E questo succede per un semplice motivo: Mattia, lui, come tutti i bambini, si concede la possibilità di sbagliare. Inconsapevolmente ritiene l’errore naturale, imprescindibile nell’apprendimento.
Perché crescendo ce lo dimentichiamo? Perché da adulti pretendiamo da noi stessi di riuscire bene al primo tentativo? Perché al primo ostacolo, alla prima caduta, ci blocchiamo affermando (erroneamente) di non riuscirci? Perché non vogliamo mai sbagliare?
In questo caso non è così importante quale siano le risposte a queste domande. Ciò che è importante è capire cosa può succedere se ci concediamo la possibilità di sbagliare.
Tempo fa ho seguito un ragazzo balbuziente. Faceva davvero fatica a parlare senza incespicarsi. Un giorno presi un libro e gli chiesi di leggere ad alta voce la prima pagina. Cominciò a leggere con grande fatica, balbettando ad ogni frase e ripetendo più volte l’inizio di ogni parola. Data la sua difficoltà lo fermai e gli chiesi di ricominciare a leggere ma con questa prescrizione: leggi la pagina balbettando.
Il ragazzo cominciò a leggere e, come per incanto, lesse l’intera pagina senza balbettare.
Cosa è successo nella sua mente? Semplice, la seconda volta si è concesso la possibilità di sbagliare. Non doveva leggere correttamente, poteva balbettare. Questa concessione è stata sufficiente per cambiare le cose.
Ognuno di noi ha imparato a camminare e ci è riuscito. E ognuno di noi ci è riuscito perché, da piccolo, si è concesso la possibilità di sbagliare migliaia di volte. Questo significa che tutti noi siamo capaci di concederci la possibilità di sbagliare. Recuperiamo questa capacità e sarà sorprendente scoprire come le cose fileranno lisce, come una lettura senza balbuzie.
Esercizi e suggerimenti
Durata: 10 minuti.
Frequenza: al bisogno.
Obiettivo: concedersi la possibilità di sbagliare.
Azione: rifletti su quanto, come e quando ti permetti di sbagliare. Se ti accorgi che non te lo permetti e che la paura ti blocca o ti condiziona negativamente su ciò che vuoi fare, prenditi 10 minuti del tuo tempo, mettiti comodo su di una poltrona in un luogo dove nessuno ti disturba, fai un bel respiro e chiudi gli occhi. Immagina di tornare indietro nel tempo, a quel punto dell’infanzia in cui la tua mente era sgombra dalla paura di sbagliare. Ricontatta quel bambino in te che con determinazione ha imparato a camminare senza alcuna preoccupazione di cadere. Non importa se non hai dei ricordi di quel periodo, immagina solo di contattare quel bambino che c’è dentro di te e che ha imparato tantissime cose concedendosi la possibilità di sbagliare. Lascia che sia la tua mente a suggerirti come visualizzarlo, sentirlo, rappresentarlo. Ogni cosa che compare va bene. A questo punto immagina di entrare nei suoi panni e di diventare nuovamente lui e, con questo spirito dentro, affrontare ciò che vuoi affrontare senza paura di sbagliare.
Come un allenamento ripeti questa visualizzazione le volte necessarie per prepararti ad affrontare sul serio la situazione reale, e quando ti senti pronto “buttati”. E se anche non ti senti pronto, se anche la paura di sbagliare continua ad accompagnarti, fallo lo stesso.
Il consiglio del biblioterapeuta
Fabio Genovesi, Esche vive (Mondadori, 2013)
Tiziana ha circa trent’anni ed è appena rientrata a Muglione, un piccolo paese in provincia di Pisa, dopo un lungo soggiorno a Berlino.
Ha alle spalle un percorso scolastico esemplare, un Master internazionale e la possibilità di iniziare a lavorare all’estero con un ruolo di grande responsabilità.
È insomma una giovane donna di successo che ha sempre raggiunto i suoi obiettivi senza commettere errori e che ha avuto la possibilità di allontanarsi dalla “provincia” e dalle sue dinamiche e conoscere altre culture e aprirsi al mondo.
Fino a quel momento.
Infatti la giovane donna decide di ritornare a casa, rinunciando all’allettante proposta lavorativa, per occuparsi dell’Informagiovani di Muglione e nello stesso tempo per mettere una distanza fisica tra lei e un uomo con cui ha avuto una relazione difficile e dolorosa, forse il suo primo “insuccesso”.
Purtroppo la situazione che si trova ad affrontare è molto più complessa di quanto si fosse immaginata e inesorabilmente vede sgretolare non solo quel progetto ma anche l’idea di sé.
Non riesce, nonostante i progetti e le attività proposti, a ottenere risultati: la sede dell’Informagiovani diventa, dopo la chiusura dell’unico bar, il ritrovo degli anziani del posto, mentre i giovani la disertano.
Poi se tutto questo non fosse sufficiente, l’incontro con Fiorenzo – molto più giovane di lei – e il sentimento che s’instaura tra i due la mettono ulteriormente in crisi.
A quel punto Tiziana dovrà fare una scelta, uscendo dal suo schema rigido di perfezione.
Fino a quel momento Tiziana non si è mai concessa la possibilità di sbagliare, anzi ha dovuto mantenere elevati standard di qualità, per dimostrare molto a se stessa e agli altri.
E proprio quando si metterà in discussione, prendendo in considerazione l’eventualità di non essere perfetta e permettendosi quindi l’errore, riuscirà a fare chiarezza in sé prendendo le proprie decisioni con consapevolezza, libertà e buoni risultati.
Come ha detto Gianluca in questa lezione, permettersi lo sbaglio determina una prospettiva nuova e, annullando la distanza tra sé e la propria paura, realizzare il proprio progetto, qualsiasi esso sia.
Esche vive di Fabio Genovesi è un romanzo che ho amato moltissimo, coinvolgente, divertente, commovente e soprattutto godibile.
E il cui ricordo rimane custodito in quel luogo magico che ogni lettore possiede dove nascono le emozioni più belle.
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