Elia ha tre anni e mezzo ed è uno di quei bambini che per mangiare gli devi stare dietro. Sono pochi i cibi che mangia con gusto e nella giusta quantità, e durante i pranzi e le cene fa un sacco di storie per finire ciò che ha nel piatto. Se fosse paffutello non sarebbe un problema, ma è magrolino e in questa fase della crescita è fondamentale che abbia una buona alimentazione.
Quando ieri sera ha manifestato un gran piacere nel mangiare delle grosse olive verdi e le richiedeva continuamente alternandole con il pesce e le patate che aveva nel piatto, lo guardavamo piacevolmente stupiti. Elia ha voluto il barattolo vicino a sé, in modo da prenderle da solo.
Mia moglie, osservando il gusto con cui Elia mangiava, quando ha visto il barattolo quasi vuoto gli ha detto:
– Visto che ti piacciono così tanto, quando vado a fare la spesa te ne comprerò ancora.
Elia ha guardato il barattolo. C’erano due olive rimaste. Poi ha alzato la testa e le ha risposto.
– Mamma, ma ci sono ancora!
Mia moglie mi ha guardato sorridendo. – Gianlu, questo è un altro bell’insegnamento per noi adulti! Ci devi scrivere una delle tue lezioni, – mi fa.
E ora eccomi qua.
Perché quell’affermazione di mio figlio può sembrare ingenua, quelle due olive rimaste sarebbero sparite in pochi minuti (come in effetti è avvenuto), era logico pensare al dopo, a quando sarebbero finite e quindi proiettarsi nel futuro. Ma i bambini, a quest’età vivono nel presente, nel qui ed ora. Si immergono totalmente in ciò che sta accadendo nel momento e se lo godono appieno, senza pensare a ciò che potrebbe accadere dopo. Ci sono ancora quelle due olive e finché ci sono non c’è bisogno di proiettarsi avanti.
Ed è ciò che spesso noi adulti ci dimentichiamo. Siamo sempre proiettati nel futuro oppure ancorati al passato, perdiamo di vista e non ci godiamo ciò che abbiamo sotto i nostri occhi ossia la nostra vita quella che cosa che – come disse John Lennon – ci accade mentre siamo occupati in altri progetti.
Gustiamoci le olive e poi pensiamo al futuro.
Esercizi e suggerimenti
Durata: 10 minuti.
Frequenza: quotidiana.
Obiettivo: allenare la consapevolezza del qui ed ora .
Azione: la mindfulness è una tecnica psicologica meditativa mirata a potenziare la capacità attentiva verso il presente in modo non giudicante. Fonda le radici sulle più antiche discipline orientali e la sua pratica quotidiana, come dimostrano gli studi scientifici, produce ottimi effetti sul benessere psicofisico.
Siediti a gambe incrociate su di un cuscino mantenendo la schiena dritta in un luogo dove nessuno ti disturba. Chiudi gli occhi e focalizza la tua attenzione sul tuo respiro, in particolare nella zona addominale. Quando inspiri la tua pancia si gonfia e quando espiri si sgonfia. Lasciati cullare dal ritmo del tuo respiro e se ti accorgi che la tua mente insegue i tuoi pensieri e ti porta altrove, lasciali fluire e gentilmente riporta la tua attenzione al respiro.
Dalla colpevolezza del respiro puoi spostare l’attenzione su altre sensazioni: le immagini che si formano nella tua mente, i suoni che capta il tuo udito, i profumi della stanza, il gusto che hai nel palato, le sensazione della tua pelle scoperta, le tensioni e il rilassamento dei tuoi muscoli. Divertiti a spostare l’attenzione come fosse il fascio di luce di una torcia accorgendoti di come ogni cosa che viene illuminata entra nella tua consapevolezza. Ogni volta che ti accorgi di “perderti” porta la tua attenzione al respiro.
Questa semplice attività meditativa, se svolta con regolarità, potenzia la tua consapevolezza del qui ed ora; consapevolezza che puoi applicare nelle normali attività della tua routine quotidiana per apprezzare ogni cosa che fai.
Il consiglio del biblioterapeuta
Fabio Bartolomei, We are family (E/O, 2014)
“…Noi adulti siamo sempre proiettati nel futuro oppure ancorati al passato, perdiamo di vista e non ci godiamo ciò che abbiamo sotto i nostri occhi ossia la nostra vita quella che cosa che – come disse John Lennon – ci accade mentre siamo occupati in altri progetti…”
Sottotitolo: la mia vita.
Chiaramente sto usando l’ironia per sottolineare quanto le parole di Gianluca abbiano fatto centro, colpendomi e affondandomi.
Non è certo la prima volta ma devo confessare che questa volta le ho sentite moltissimo, anche troppo.
Non sto esagerando: per molto tempo la mia visione della vita è stata quella descritta.
Perso tra rimpianti e rimorsi, ancorato ad un passato che condiziona il presente, sperando in un futuro diverso ma senza quella lucidità e consapevolezza che ne determino la giusta traiettoria.
Ho dovuto lavorare a lungo per scendere a patti e riconciliarmi con me stesso e quella parte che mi ha portato anche a colpevolizzarmi. E non è stato facile.
Senza retorica, e senza voler portare acqua al mio mulino, mi hanno aiutato anche i romanzi, le storie, i personaggi: mi hanno fatto sentire meno solo – lo dice anche la Strout nel suo ultimo bellissimo “Tutto è possibile” – e mi hanno permesso di comprendere quanto fosse “necessario” per me iniziare un lavoro profondo su me stesso.
E ora pensare a Elia e al suo gustarsi le olive verdi, nel qui ed ora, mi ha fatto da un lato una grande tenerezza e dall’altro mi ha riportato alla mente quella parte di me ormai lontana nei fatti ma presente nel ricordo.
Lo sguardo di un bambino può realmente insegnare molto a noi adulti.
Come molto può insegnarci Al Santamaria, il piccolo protagonista di We are family di Fabio Bartolomei, senza dubbio uno dei romanzi più belli, tra quelli letti nel passato recente, che mi hanno emozionato, fatto sorridere e, appunto, fatto riflettere sul mio modo di affrontare la vita.
Al è un bambino “speciale” al quale è impossibile non affezionarsi: ti prende per mano, quella di un bambino di quattro anni, e ti porta nella vita della famiglia Santamaria, una famiglia che affronta le difficoltà del quotidiano con forza grazie al legame forte che li lega, che è semplicemente amore.
La mamma Agnese, il padre Mario Elvis – chiamato così per la sua somiglianza con Elvis Presley – e soprattutto la sorella maggiore Vittoria che avrà un ruolo importantissimo nella vita di Al, diventeranno parte della tua, quella che conduci tra la lettura di una pagina e l’altra.
Bartolomei riesce nell’intento di raccontare la dimensione intima di una famiglia rendendola universale, affrontando anche parte della storia italiana recente senza mai cadere nella retorica.
Non è proprio possibile raccontare di più di We are family, perché toglierei a chi legge, non tanto il piacere di scoprirne lo sviluppo inaspettato, ma la possibilità di emozionarsi, di ridere e di commuoversi con il piccolo Santamaria.
Al, come Elia, è un bimbo la cui innocenza può insegnarci tantissimo, permettendoci di vedere ciò che non riusciamo a vedere a causa della nostra distrazione.
La verità delle cose ci appare nella sua evidenza e noi abbiamo due possibilità: accoglierla nel momento in cui si mostra, aprendo cuore e occhi, o allontanarla dal nostro sguardo coprendola con tutto ciò che possa impedircene la visione.
Credo che convenga concedersi la prima opzione o potremmo trovarci intrappolati in uno spazio senza tempo in cui siamo attraversati dalle cose, dalle persone e dalle emozioni, senza la possibilità di goderne appieno nel qui e ora.
E dobbiamo essere grati a Al, un supereroe con poteri speciali, che ha un unico desiderio: rendere felici le persone a cui vuole bene, compresi noi lettori.
© riproduzione riservata
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