Mirco si presenta da me disperato per la fine di una storia d’amore di sei anni. Non riesce a farsene una ragione: con Luisa apparentemente andava tutto bene, non avevano mai litigano, convivevano e svolgevano una vita regolare tra lavoro, amici e attività del tempo libero. Sentiva che era arrivato il momento della svolta, di dare il turbo al rapporto, in fondo avevano superato entrambi i 30 anni e la loro relazione era stabile: così ha chiesto a Luisa di sposarlo.
Per Mirco una risposta affermativa era data per scontata: in passato più volte ne avevamo parlato condividendo il fatto che rappresentava la realizzazione di un loro desiderio. E invece, alla sua richiesta, Luisa ha reagito in modo inaspettato.
– Non è ciò che voglio, non più – gli ha risposto. – Le cose non vanno più come una volta. Mi sento soffocare. Ci sono tanti tuoi atteggiamenti che non mi piacciono e che non sopporto più. Forse faremmo bene a prenderci un periodo di pausa.
Mirco ci è rimasto di stucco.
– Ma come… – ha protestato. – Non mi hai mai detto nulla.
– Sì, ma te l’ho fatto capire, – ha ribattuto lei.
In effetti, negli ultimi mesi, Luisa aveva iniziato a uscire più spesso con le amiche, a prendersi spazio per seguire i suoi interessi e anche nella vita intima a volte rifiutava il rapporto con la scusa di essere stanca o di avere il mal di testa.
Mirco aveva notato questi segnali ed era dispiaciuto, ma pensava fossero segnali fisiologici di un rapporto di convivenza di 6 anni. Lei d’altronde non si lamentava, quindi perché preoccuparsi.
Eppure Luisa nutriva un forte risentimento inespresso nei confronti di Mirco. Non le stava bene un sacco di cose, dalla gelosia alla maniacalità per l’ordine in casa, ma piuttosto che parlarne mandava giù il “rospo” aspettandosi che Mirco capisse: anzi il fatto che non capisse era un’ulteriore motivo di risentimento, significava che non erano sulla stessa lunghezza onda. E quando alla fine ha espresso tutto quello che aveva dentro era troppo tardi: il suo sentimento si era spento, e Mirco non poteva far più nulla per riparare.
Per questo Mirco era arrabbiato con Luisa: se solo gli avesse detto tutte queste cose prima, avrebbe potuto rimediare, cambiare i comportamenti inaccettabili, dimostrare più sensibilità e mettere pure in secondo piano l’ordine in casa. Ma ormai si trovava fuori tempo massimo, anche le braci sotto la cenere si erano spente.
Mentre Mirco mi raccontava l’evoluzione del suo rapporto con Luisa, mi sono ricordato dell’ammonimento di mia nonna Adriana che fin da piccolo mi ripeteva fin quasi allo sfinimento qual era la cosa più importante in una relazione: – Gianluca, ricordati, l’importante è il dialogo!
E sebbene quelle parole risultassero paradossali pronunciate da lei, una donna logorroica che non se la smetteva mai di parlare e che al posto del dialogo portava avanti infiniti monologhi, la loro saggezza permane.
Il dialogo è fondamentale in qualsiasi relazione: va bene discutere, e anche litigare in modo acceso senza distruggersi se questo serve a modulare le difficoltà, a trovare soluzioni, a definire punti di incontro. Il dialogo richiede apertura e ascolto: stare insieme è spesso un impegno difficile e non sempre quell’armonia si manifesta in modo naturale. Per questo è importante parlare parlare e parlare ancora quando un problema emerge con la fiducia che la relazione sia forte abbastanza per reggere qualsiasi scossone e che ogni confronto/scontro aperto, rispettoso e leale rafforzi ancor di più la coppia, donando ad entrambi il collante fondamentale del loro legame: la libertà di essere se stessi.
Esercizi e suggerimenti
Durata: quanto necessario.
Frequenza: al bisogno.
Obiettivo: migliorare il dialogo nella coppia.
Azione: quando ti accorgi di ingoiare un rospo per qualche comportamento inaccettabile del partner o di un amico o di un collega o di tuo figlio o di un tuo genitore o di qualsiasi altra persona a cui tieni, fermati un secondo e ripeti a te stesso: “l’importante il dialogo”. Scegli quindi il momento migliore per parlare e, mantenendo possibilmente un tono pacato ma deciso, comunica alla persona che quello che ha fatto o ha detto ti è dispiaciuto, elencandone i motivi. Evita di dire cosa dovrebbe fare per risolvere il problema (questo farebbe sentire l’interlocutore non abbastanza intelligente/sensibile per trovare una soluzione) e soprattutto non giudicarlo. Mettiti in una condizione di ascolto per accogliere le motivazioni del suo comportamento e poi discutete per capire e decidere qual è il modo migliore per risolvere la situazione. Se ti accorgi che gli animi si accendono e il confronto si tramuta in uno scontro, blocca la discussione e rimandala a un momento in cui siete entrambi più calmi. Non lasciare comunque la situazione sospesa. Ritorna sull’argomento fino a quando non vi siete chiariti.
Il consiglio del biblioterapeuta
Peter Cameron, Gli inconvenienti della vita (Adelphi, 2018).
Nonna Adriana aveva ragione. La sua affermazione l’importante è il dialogo è alla base di ogni relazione, sentimentale, amicale, professionale.
Certo quanto è accaduto a Mirco con Luisa nella loro relazione di coppia, non ci lascia indifferenti: non ha importanza se si sia vissuta una situazione analoga. Ciò che ci colpisce è che il non verbalizzare, esprimendo con onestà i propri vissuti, provoca danni irreparabili dopo. Frustrazione, rabbia, rancore, delusione e… gastrite.
E spesso la fine di un rapporto.
Perché quindi arrivare al punto di non ritorno, quando tutto ciò che si è costruito con forza di volontà, impegno e passione, dopo una lenta erosione, improvvisamente si sgretola e scivola via come sabbia dalle dita di una mano?
Theo è il protagonista de La fine della mia vita a New York, uno dei due splendidi racconti che compongono l’ultimo libro di Peter Cameron, Gli inconvenienti della vita (Adelphi).
L’autore americano, amatissimo da molti lettori che ne apprezzano le notevoli qualità letterarie e l’acuta capacità di svelare e rivelare le sfumature psicologiche dei suoi personaggi, è ritornato a incantare. Raccontandoci, con tutte le nostre inquietudini, le nostre difficoltà, i nostri desideri e i nostri silenzi.
Theo è uno scrittore in forte crisi personale e lavorativa: le conseguenze di un grave incidente che lo ha visto coinvolto hanno lasciato in lui profonde ferite fisiche e psicologiche, nonostante siano passati molti diversi anni da quell’episodio.
Lo sguardo di Cameron si sofferma su di lui proprio nel momento in cui tutto ciò che è e che è sempre stato crolla. E anche tutto ciò che ha costruito con il compagno Stefano.
Soprattutto il sentimento che li ha uniti per molti anni e che, a causa dei silenzi, ha perso forza e intensità nonostante quel legame sia ancora presente.
Questo racconto fotografa in modo accurato ogni dettaglio, come un’immagine ad alta definizione, il momento della consapevolezza, della presa di coscienza di ciò che il dialogo sincero e profondo avrebbe potuto concedere alla relazione.
Ed è proprio nell’esercizio proposto che si nasconde la grande possibilità di ovviare a ogni caduta, almeno provando ad evitare la stessa e le inevitabili conseguenze.
Mi ripeto: in ogni tipo di relazione, anche quella con il collega con cui non riesci a rapportarti in modo sano, con il quale, escludendo ogni scontro caratteriale, devi necessariamente condividere non solo lo spazio lavorativo ma anche il lavoro in sé, collaborando e mettendo in comune la propria professionalità.
Sì, credo che dovrò esercitarmi anche io prima possibile.
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