«Ma tu mi ami?» chiese Alice.
«No, non ti amo.» rispose il Bianconiglio.
Alice corrugò la fronte ed iniziò a sfregarsi nervosamente le mani, come faceva sempre quando si sentiva ferita.
«Ecco, vedi? – disse Bianconiglio – Ora ti starai chiedendo quale sia la tua colpa, perché non riesca a volerti almeno un po’ di bene, cosa ti renda così imperfetta, frammentata. Proprio per questo non posso amarti. Perché ci saranno giorni nei quali sarò stanco, adirato, con la testa tra le nuvole e ti ferirò. Ogni giorno accade di calpestare i sentimenti per noia, sbadataggine, incomprensione. Ma se non ti ami almeno un po’, se non crei una corazza di pura gioia intorno al tuo cuore, i miei deboli dardi si faranno letali e ti distruggeranno. La prima volta che ti ho incontrata ho fatto un patto con me stesso: mi sarei impedito di amarti fino a che non avessi imparato tu per prima a sentirti preziosa per te stessa. Perciò Alice no, non ti amo. Non posso farlo.»
(Lewis Carol – Alice nel paese delle meraviglie)
Paola mi porta questo brano. – Ho deciso che io sono più interessante di Simone! – dice risoluta.
La ferita d’amore è ancora sanguinante. Lui l’ha lasciata, di punto in bianco, senza, all’apparenza, un reale motivo, o forse di motivi ce n’erano troppi, ma lei non ha voluto vederli o lui non è stato bravo a comunicarli, chissà. Fatto sta che si è accorta, ora più che mai, quanto la sua vita orbitasse intorno a Simone, quell’uomo eccezionale di cui si era pazzamente innamorata. Viveva della sua luce e nella sua ombra. Ora se ne rende conto.
Il dolore per la fine della storia, durata due anni, è ancora forte, costante. Un rumore di sottofondo che l’accompagna sempre, nonostante siano passati mesi. Ma qualcosa sta cambiando in Paola.
Lo sente in quei momenti di benessere, inaspettati, in cui lei riprende vita. Ricomincia a respirare e a godere di piccole cose quotidiane: una corsa al mare, la lettura di un libro, le lacrime che le rigano il volto.
Sente il bisogno di volersi bene, di essere il centro e l’oggetto del proprio amore, di non voler più legare il suo benessere a quello di un uomo, ed esserne dipendente.
Per questo ripete di “essere più interessante di Simone”, perché la cosa più importante è prendersi cura della propria luce e farla brillare: l’unico modo questo, come insegna Bianconiglio, per essere davvero amata.
Da se stessa, e dagli altri.
Esercizi e suggerimenti
Durata: quando necessario.
Frequenza: al bisogno.
Obiettivo: imparare ad amarsi
Azione: se ti senti dipendente dall’amore del tuo partner o di un tuo/a amico/a o di un tuo familiare al punto di annullarti pur di racimolare la sua attenzione e il suo affetto è giunto il momento di alimentare l’amor proprio. Per prima cosa puoi chiederti: cosa farei se fossi una persona autonoma e indipendente che si ama profondamente, consapevole del proprio valore?
Segnati i comportamenti, i pensieri, l’atteggiamento mentale che avresti (puoi prendere spunto da persone intorno a te che rappresentano dei buoni modelli di amor proprio: cosa farebbero al tuo posto?). Poi passa all’azione. Metti in atto le cose che hai individuato e agisci come se già ti amassi nel modo corretto e brillassi di luce propria. Nota cosa cambia in te e nella reazione degli altri. Impara ad amare, o perlomeno ad accettare, anche gli aspetti meno piacevoli di te, compresa la paura di non piacere, di non sentirti all’altezza, della solitudine. Accogli ogni emozione che provi: è ciò che ti rende una persona autentica e ti pone nella condizione di poter cambiare. Mantieni sempre vivo nella tua coscienza il fatto che incontrarsi, piacersi e amarsi è un’alchimia, una questione di gusti reciproci: non bisogna essere la Nutella per piacere (c’è chi la detesta), e se anche ti senti un cavolo, c’è chi ci va matto.
Il consiglio del biblioterapeuta
Madeleine Boudouxhe, Marie aspetta Marie (Adelphi)
Tutti noi abbiamo conosciuto – o conosciamo, ne sono certo! – una Paola, l’amica del cuore, la sorella. E non è detto poi che sia una Paola, una donna. Ciò che ha vissuto lei posso averlo provato io, Massimo, un uomo.
Non esiste differenza di genere ma un sentire simile sempre unico e personale.
Rendersi conto, dopo la fine di una relazione importante, nel momento di maggior smarrimento e sofferenza, di aver messo da parte la propria persona in funzione e satellite dell’altra, può essere causa di ulteriore dolore.
Questo però è il primo passo per riconnettersi con se stessi, ritrovarsi, ricominciare con una nuova consapevolezza.
Riflettere sulla storia di Paola mi ha ricordato Marie la protagonista del romanzo di Madeleine Boudouxhe.
Marie e Jean sono una giovane coppia di sposi. Il loro sembra essere un rapporto forte ma diventa evidente pagina dopo pagina – in modo sottile, quasi subdolo – che è invece fondato su un’incertezza, su un disequilibrio.
Da un lato c’è Marie, piena di amore, incantata dalla bellezza del marito, nonostante qualche dubbio che prontamente rimuove.
Dall’altra Jean, distratto e viziato, che sembra non ricambiare più con la stessa intensità di un tempo quel sentimento che li aveva uniti.
Poi, un giorno in spiaggia Marie incontra lo sguardo di un giovane uomo poco più che adolescente, e sente mettere in discussione la propria devozione per il marito proprio a causa di quell’interesse improvviso che la coglie.
Di quello sguardo rimane solo un numero di telefono.
E poco alla volta per Marie tutto cambia: acquisisce sempre maggiore consapevolezza, riconosce alcune mancanze nel suo matrimonio e nella relazione con Jean, sempre più distratto. Marie inizia a osservare sé stessa e il mondo con occhi diversi mai come prima.
Senza dubbio Marie mette in discussione il lettore, uomo o donna che sia.
Marie cerca di affrancarsi: non vuole essere priva di autonomia e dipendente dall’uomo.
Una donna priva di esigenze e desideri, proprio quelli fondamentali per il sentirsi appagata e forte nella sua essenza.
Una donna che diventa padrona delle proprie scelte e decisioni, in grado di farlo, non in funzione dell’altro, ma seguendo il proprio istinto e le proprie necessità in assoluta libertà ma non in modo irresponsabile.
Una figura da stimare e prendere ad esempio. Sempre.
Il personaggio della Bourdouxhe è modernissimo – il romanzo è del 1943 – vitale, consapevole.
Ed è un esempio per noi che leggiamo.
© riproduzione riservata
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