A volte in terapia accadono degli episodi che a raccontarli sembrano davvero buffi ma a viverli, credetemi, mettono in crisi, e non poco. Tempo fa venne da me un uomo che soffriva di continui attacchi di panico a tal punto da non uscire di casa se non accompagnato da un familiare. Durante una seduta, improvvisamente, inizia a respirare affannosamente e mi dice che gli sta salendo un attacco di panico.
– Dottore, la prego – dice, – mi schiaffeggi!
– Cosa? – rispondo incredulo.
– L’unico modo per bloccare l’attacco di panico è che qualcuno mi schiaffeggi, – mi spiega. – Mi deve dare uno schiaffo forte in faccia. Anche più di uno se necessario. La prego! – mi implora.
– Non posso farlo – rispondo, mentre mi si prospetta lo scenario di io che lo schiaffeggio e dei carabinieri che mi portano un avviso di garanzia per maltrattamenti.
– L’autorizzo io, – ribatte, sempre più agitato. – Due schiaffi, forti, ben assestati, e l’attacco passa immediatamente. Mi aiuti!
Rimango in silenzio per qualche istante. Non so che fare. Di certo non mi alzo per schiaffeggiarlo. Poi mi viene un’idea.
– Mi ascolti bene, – dico. – Non posso fare quello che mi chiede ma possiamo ovviare al problema in modo semplice. Le chiedo di chiudere per qualche istante gli occhi. Bene, così. Ora vorrei che immaginasse che la schiaffeggio come mi ha chiesto. Io che mi alzo, mi avvicino e le assesto uno schiaffo forte sul viso. Lasci che sia la sua mente a decidere la forza ottimale. Può sentire il dolore e il calore nel punto dell’impatto e l’effetto shock che come un interruttore spegne l’attacco di ansia. Il suo respira rallenta, i suoi muscoli allentano la tensione e la mente si acquieta, fino a quando tutto torna alla normalità.
Come per incanto, dopo poco tempo, l’uomo si è rilassato e abbiamo potuto continuare la seduta mettendo a frutto ciò che era appena successo.
L’intervento per certi versi può sembrare magico ma in realtà non lo è. Numerosi studi scientifici confermano quanto il cervello a livello fisiologico di fronte a un’immaginazione vivida reagisca allo stesso modo di una situazione reale. È ciò che succede ad esempio quando facciamo un sogno particolarmente vivido e realistico: ci emozioniamo come se fosse vero e al risveglio rimaniamo confusi, non riuscendo a capire bene se stiamo sognando o se siamo svegli.
Immaginare insomma è una potente risorsa che possiamo utilizzare per produrre quel cambiamento desiderato, consapevoli che mentre immaginiamo il nostro cervello si modifica. Il meccanismo con cui avviene è abbastanza semplice: qualsiasi esperienza produce un’attivazione neuronale della parte del cervello interessata; un gruppo di neuroni si attivano insieme sintetizzando proteine che portano alla costruzione di nuove connessioni o al rafforzamento di altre; in più stimola la produzione di mielina, la guaina grassa che ricopre il neurone, determinando un incremento fino a cento volte nella velocità di conduzione dell’informazione.
Insomma il cervello, come il corpo, per modificasi e potenziarsi ha bisogno del giusto allenamento, un allenamento condito di quegli elementi che costituiscono l’essenza stessa del cambiamento cerebrale: la ripetizione, le emozioni, la novità e l’immaginazione, anche di uno schiaffo ben assestato.
Esercizi e suggerimenti
Durata: 15 minuti.
Frequenza: libera ma con regolarità.
Obiettivo: migliorare la capacità di immaginare.
Azione: mettiti comodo su di una poltrona in un luogo dove nessuno ti disturba, fai un bel respiro e chiudi gli occhi. Immagina di trovarti in un giardino meraviglioso, un piccolo paradiso terrestre. Lascia che la tua mente arricchisca l’esperienza con ogni elemento sensoriale. Osserva tutto quello che ti circonda: gli alberi, gli arbusti, i fiori, i frutti. Guarda i colori, le forme. Esplora il giardino e scopri cosa la tua immaginazione crea per te. Arricchisci l’esplorazione con i rumori e i suoni: senti il fruscio del vento tra i rami, il cinguettio degli uccelli, lo scricchiolare dei sassi sotto le scarpe. Fai attenzione ai profumi: avvicinati a un fiore e annusalo, sentine la fragranza. Raccogli un frutto da un albero, assaggialo e assaporalo. E mentre continui a camminare senti il dolce tepore del sole sul viso e la fresca brezza che ti accarezza la pelle. Se c’è qualcosa che ti incuriosisce fermati a toccarlo, gustando il piacere dell’esplorare gli oggetti con le mani. Infine trova un posto comodo in cui sederti o distenderti e goditi tutto il benessere dell’esperienza. Rilassati e lascia liberi i tuoi pensieri per tutto il tempo che vuoi.
Le volte successive scegli altri scenari di tua fantasia – mare, montagna, città, luoghi fantastici – ed esercitati a viverli utilizzando tutti i registri sensoriali: vista, udito, olfatto, gusto, tatto, propriocezione.
Quando senti che riesci facilmente a creare immaginazioni vivide e realistiche puoi passare a crearti le visualizzazioni del cambiamento che desideri, come ad esempio l’essere magro, non fumatore, tranquillo e pacato, felice, ecc.
Il consiglio del biblioterapeuta
Miranda July, Il primo uomo cattivo (Feltrinelli, 2016)
“Immaginare insomma è una potente risorsa che possiamo utilizzare per produrre quel cambiamento desiderato, consapevoli che mentre immaginiamo il nostro cervello si modifica”.
Probabilmente necessito anche io di due belle sberle virtuali, e forse anche non solo virtuali.
Certo però non mi servirebbero, nel mio caso, per bloccare un attacco di panico, di cui comunque ho – ahimè – conosciuto le “modalità espressive”.
La domanda che mi sono posto io, e sono certo che te la sia posta anche tu dopo aver letto la lezione, è se sia possibile riuscire ad ottenere risultati concreti.
E posso rivelare, confessandolo in modo spontaneo, che l’idea di usare concretamente la propria immaginazione come strumento per riuscire a modificarsi e ottenere ciò che desideri, è realmente (!) una gran cosa ed è possibile.
Io credo di aver già usato in passato la visualizzazione creativa, empiricamente e senza utilizzare un esercizio appropriato come quello proposto, durante una delle mie innumerevoli diete: l’immaginarmi magro, o comunque con i chili che in quel momento consideravo in eccesso, credo che abbia dato – anche con l’apporto di un regime alimentare corretto e dell’attività fisica – buoni risultati.
Il mio errore è stato quello di non continuare a visualizzarmi anche dopo nella mia nuova figura fisica, ma ora posso facilmente rimediare!
Non è per motivi ponderali che Cheryl Glickman, la protagonista de Il primo uomo cattivo, usa la propria immaginazione: il suo obiettivo è trovare l’amore ma la sua ricerca non è né affannosa né disperata.
La donna, una quarantenne un po’ sciatta e distratta, è innamorata di uno dei suoi superiori, un uomo molto più adulto di lei che non solo non ricambia i suoi sentimenti ma è a sua volta innamorato di una sedicenne.
Insomma non è proprio una situazione facile per Cheryl che ad un tratto vede la sua quotidianità complicarsi ulteriormente quando le viene chiesto di ospitare Clee, la figlia dei titolari della palestra dove la donna lavora, una ventenne non “convenzionale”.
Da quel momento in poi le cose prenderanno un percorso assolutamente inaspettato.
Cheryl è un personaggio naif al quale mi sono affezionato proprio per la sua innocenza e che senza dubbio può permettere di riflettere sull’importanza dell’immaginazione come mezzo per ottenere il cambiamento desiderato, come espresso nella lezione.
Il romanzo della July gioca la carta del surreale per raccontare il desiderio e i sentimenti, utilizzando il divertimento e la leggerezza, ma arriva al punto.
In fondo il confine che separa la realtà dalla fantasia e il possibile dall’impossibile, proprio come nelle pagine di un romanzo, dipende da noi e dal nostro atteggiamento.
E dal potere dell’immaginazione, quella che abbiamo tutti.
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