Rossella è una ragazza che ha un’autostima sotto i piedi. Sente di non valere granché, di essere sempre sbagliata e ogni volta che qualcuno le muove una critica, la reputa vera. Viene da me dopo la fine di una lunga storia d’amore molto tormentata. Si siede e con le lacrime agli occhi mi racconta che se tutto è andato a rotoli è stato per colpa sua: non era all’altezza delle aspettative del suo partner, in ogni campo, dalla vita intima a quella pubblica. Lui la trattava male, pretendeva che fosse diversa sia nel modo di comportarsi sia nel modo di pensare e spesso la ridicolizzava anche davanti agli altri. A differenza di lei, racconta che lui ha un ego smisurato: la sua autostima è a mille e tratta un po’ tutti con superiorità dall’alto in basso.
Nonostante la scarsa autostima, scopro che Rossella è laureata con il massimo dei voti; nel lavoro, sebbene si senta sempre un po’inferiore ai suoi colleghi, le è stata affidato un incarico di responsabilità e il suo capo ha investito su di lei; ha amici fidati che la cercano sia per confidarsi sia per divertirsi; è autonoma, vive da sola e gestisce tutte le faccende domestiche senza un aiuto; è profonda e riflessiva, consapevole dei propri valori: crede nella famiglia, nell’amore, nella solidarietà, nella giustizia; si dedica nel tempo libero all’attività di clown di corsia nei reparti pediatrici; cerca sempre di dare il massimo in tutto quello che fa; è curiosa, ama informarsi, scoprire, viaggiare.
Insomma Rossella è una persona ricca di qualità e ci sono prove oggettive del suo valore che dovrebbero sollevarle l’autostima e darle quella forza e sicurezza per affrontare la vita a testa alta. Il problema è che lei non le riconosce, queste prove oggettive, ed è alla continua ricerca di conferme da parte degli altri.
– Non ce la farò mai ad avere una buona autostima – sentenzia dopo un’intera seduta passata ad elencare le proprie manchevolezze e i tentativi, vani, di ottenere riconoscimenti.
– Conosce Ralph Spaccatutto? – le chiedo.
– No.
– Ralph Spaccatutto – le racconto, – è il protagonista di un film di animazione della Disney; è il personaggio cattivo del videogioco Felix Aggiustatutto e ha il compito di demolire il condominio Belposto mentre Felix, il protagonista del gioco, lo aggiusta grazie a un martello magico. Stanco di essere il cattivo, Ralph decide di riscattarsi e di dimostrare a tutti che può essere buono e valoroso. È convinto che se entrasse in un altro videogioco spara-tutto e conquistasse una medaglia sarà in grado di dimostrare di essere un eroe. E così fa. Ma alla fine di tutte le avventure, nonostante riesca a conquistare la medaglia, comprende che l’essere buono non dipende dai riconoscimenti esterni. Sarà Vanellope, un personaggio del videgioco Sugar Rush, con cui ha condiviso diverse peripezie, a illuminarlo. Alla fine del film Ralph esprime la sua intuizione con queste parole: “Ma devo dire che il momento più bello della mia giornata è quando mi buttano giù dal tetto, perché prima i Belpostiani mi sollevano e io ho una visuale perfetta di Sugar Rush e riesco a vedere Vanellope che corre. Quella ragazzina ha un talento naturale e i giocatori sono pazzi di lei, come avevo previsto. In fondo non mi serve una medaglia per sentirmi buono, perché se quella ragazzina mi vuole bene, tanto cattivo non posso essere, no!?”
Rossella mi osserva assorta. – Vuole dire che il fatto che ho molte persone che mi vogliono bene significa che vado bene così e che non ho bisogno di riconoscimenti?
– Esatto, Rossella. E poi – aggiungo, – l’autostima è sovrastimata. Ci sono tante persone che hanno un’ottima autostima, ma che non sono affatto delle belle persone.
– Tipo il mio ex? – fa lei.
Annuisco e aggiungo – Inoltre la domanda chiave che ognuno dovrebbe porsi è un’altra.
Faccio una pausa.
– Quale? – incalza lei.
– Sono una bella persona?
Rossella ci pensa. Poi annuisce. – Sì, lo sono – risponde.
– Bene, allora puoi essere profondamente fiera e orgogliosa di se stessa.
E a quel paese l’autostima!
Esercizi e suggerimenti
Durata: 10 minuti.
Frequenza: al bisogno.
Obiettivo: migliorare l’autostima.
Azione: molte persone fondano l’autostima sul giudizio degli altri, sui propri successi o fallimenti nel lavoro o nello studio o nello sport, sulla qualità delle relazioni affettive, sul proprio aspetto corporeo. In realtà questo tipo di autostima è superficiale e ha bisogno sempre e costantemente di conferme per mantenersi a un buon livello. Sposta quindi l’attenzione sulle basi profonde che alimentano la vera autostima, quelle che ti rendono una “bella” persona. Puoi chiederti: vivo in accordo con i valori in cui credo? Cerco di dare il massimo in quello che faccio? Mi impegno nell’aiutare e stare vicino alle persone a cui voglio bene? Combatto le battaglie giuste per i principi che reputo importanti? Faccio di tutto per migliorare me stesso e diventare la persona migliore che posso diventare nonostante i miei limiti?
Se le risposte sono affermative, puoi rilassarti e goderti l’essere te stesso così come sei. Se invece sono negative, utilizzale come delle bussole per indirizzare il tuo cambiamento personale.
Il consiglio del biblioterapeuta
Andrew Sean Greer, Less (La Nave di Teseo, 2017)
“L’autostima è sovrastimata. Ci sono tante persone che hanno un’ottima autostima, ma che non sono affatto delle belle persone.”
Penso a questa frase da quando l’ho letta la prima volta. Continua a girarmi in testa in modo quasi ossessivo: si sovrappongono immagini di persone che ho conosciuto – presuntuosamente sicure di sé, spavalde ma ai miei occhi prive di empatia e di doti concrete – con le quali mi sono confrontato e che mi hanno lasciato, in alcuni casi, inerme e dolente in quella che è la mia autostima.
Non è stato poi semplice recuperare sicurezza, ritrovare quei punti fermi che mi hanno sempre sostenuto.
Punti fermi che ho dovuto imparare a riconoscere, lavorando sulla mia persona. E non è stata una passeggiata, non lo è tutt’ora anche perché ogni giorno si possono trovare motivi per scivolare e perdere la fiducia in sé stessi. Ma oggi non penso che sia un male, anzi, è un modo per mettermi in costante discussione e acquistare solidità.
Nei romanzi mi è capitato spesso di incontrare personaggi letterari con i quali confrontarmi, personaggi che mi hanno spiazzato per la loro forza ma anche per le loro debolezze, per il loro credere in se stessi o al contrario per la loro assoluta mancanza di autostima e consapevolezza.
Uno di questi personaggi è Arthur Less, il protagonista principale di Less l’ultimo romanzo di Andrew Sean Greer.
Il quarantanovenne è uno scrittore le cui opere, soprattutto quella d’esordio Kalipso, gli hanno dato una discreta visibilità e diversi riconoscimenti della critica letteraria ma lo hanno rilegato nello spazio ristretto della nicchia e del genere (la letteratura gay).
Quando Arthur, dopo aver consegnato all’editore il suo ultimo lavoro Swift, non ottiene il riscontro che si aspettava, sente la frustrazione crescere in lui.
Inoltre, l’aver appena ricevuto da Freddy Pelu – l’ex con cui ha avuto una relazione di nove anni – l’invito al matrimonio con l’uomo che ha preso il suo posto, lo ha ulteriormente abbattuto.
Dopo un’accurata valutazione dei pro e dei contro e del suo saldo bancario, Arthur decide quindi di intraprendere un lungo viaggio che lo porterà lontano da San Francisco e da quell’evento che ha minato ulteriormente le sue già pochissime sicurezze, usufruendo per la prima volta dei privilegi dell’essere un autore seppur minore.
New York, il Messico, l’Italia – Torino e una località delle Langhe (ipotizzo Grinzane Cavour dove Greer nel 2014 ha vinto e ritirato il premio Bottari Lattes) -, Berlino, un’imprevista sosta a Parigi, l’India e il Giappone sono le tappe del suo itinerario.
Arthur è uno sfigato, un lagnoso incapace di vivere in modo pieno e appagante le relazioni sentimentali, un uomo in parte irrisolto e insicuro, uno scrittore mediocre e improbabile, un perdente.
Questo è ciò che pensa di sé stesso ma è un’idea deformata e stravolta da quell’autostima quasi inesistente che lo condiziona in ogni aspetto della sua esistenza.
Quanto la visione autolimitante di Arthur corrisponde alla realtà oggettiva? In che modo gli altri lo percepiscono e considerano veramente?
Con altri intendo le persone a lui più vicine, quelle che lo vedono per ciò che è, mentre per lui è un’impresa ardua se non quasi impossibile individuare le sue qualità e il suo talento.
Credo che Less possa essere un ottimo esempio per valutarci e comprendere quale sia la nostra autostima, partendo da ciò che gli altri, le persone vicino a noi, pensano di noi per arrivare ad acquisire la nostra consapevolezza.
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