Attacchi di panico
L’esperienza dell’attacco di panico è terrificante. È come trovarsi chiuso in una stanza con un leone affamato, solo che il leone non c’è. Provoca iperventilazione, senso di soffocamento, tachicardia, sudore freddo, vertigini, dolore muscolare, nausea, senso di svenimento; tutti sintomi che possono portare la persona a pensare di avere un attacco di cuore, di morire o di diventare pazza. L’attacco colpisce in maniera improvvisa e senza alcun pericolo apparente, sembra non ci sia nulla in grado di calmare la paura, ci si sente fuori controllo e spesso si decide di andare (il più delle volte farsi portare) al pronto soccorso. La durata può variare dai 5 ai 60 minuti, difficilmente dura di più.
Se non ci si ritrova al pronto soccorso, può capitare che il primo attacco di panico non venga riconosciuto. Solo tempo dopo, di fronte ad un secondo attacco, anche anni dopo, si comprende di averlo già avuto. Da questo momento si inizia a temere che l’attacco di panico possa riaccadere e si instaura la cosiddetta paura della paura, che porta la persona ad assumere un atteggiamento di vigilanza costante circa tutti i segnali del proprio corpo che potrebbero preludere un nuovo attacco. Tale atteggiamento ansiogeno avvia un circolo vizioso che può provocare altri attacchi anche quando la causa scatenante non è più presente. In altre parole il disturbo da attacchi di panico si alimenta da sé.
Nella maggior parte dei casi, gli attacchi di panico si presentano all’interno di un disturbo d’ansia. Sono molto più diffusi di quelli che si pensa, spesso non ci accorgiamo di chi ci soffre perché c’è una tendenza a volerlo nascondere. Questo provoca un comportamento di evitamento, molto diffuso, che porta la persona a evitare tutte le situazioni in cui si potrebbe scatenare un attacco, per esempio luoghi affollati o poco conosciuti, luoghi chiusi (banca, supermercato, posta, ecc.), luoghi aperti (agorafobia) o mettersi alla guida dell’auto. Se il disturbo da attacchi di panico non viene affrontato subito, c’è il rischio che questi comportamenti si accentuino con la conseguenza che la persona si isola, restringendo sempre di più i luoghi e le situazioni in cui si sente al sicuro se non in compagnia di una persona di fiducia (spesso il partner o un familiare).
Come si affronta
Spesso le persone che soffrono di attacchi di panico ricorrono al medico che puntualmente gli prescrive degli ansiolitici. In realtà, sebbene gli ansiolitici moderino il livello dell’ansia, non rappresentano una cura. Tendono altresì a coprire il vero problema e, a lungo andare, provocare un senso di dipendenza dal farmaco.
Per questo è consigliato in ogni caso un trattamento psicoterapico che mira a:
- insegnare delle tecniche di gestione dell’ansia (corporee, comportamentali e mentali) da utilizzare nel momento in cui si sente l’imminente attacco e che permettono alla persona di gestirla fin da subito, attenuarne l’effetto e aumentarne il controllo con una sensazione di immediato sollievo e maggiore sicurezza;
- comprendere il significato profondo che ha portato allo sviluppo degli attacchi di panico per risolvere il problema alla radice;
- modificare quegli aspetti di personalità che alimentano una reazione da attacchi di panico. Spesso le persone che soffrono di attacchi di panico tendono a voler tenere tutto sotto controllo, sono tendenzialmente analitiche e razionali, e dividono al realtà in modo dicotomico (bianco/nero, tutto/niente, sempre/mai) e non esistono vie di mezzo. Hanno un rapporto conflittuale con la propria sfera emotiva, tendono a reprimerla oppure a ignorarla. Vogliono risolvere i problemi da soli e evitando di chiedere aiuto. Questa crea una rigidità caratteriale, una forma di corazza, spessa, che li porta ad essere come una pentola a pressione: accumulano accumulano fino a scoppiare.
Il lavoro terapeutico mira quindi a “lavorare” su questo aspetto di personalità, per creare una maggiore flessibilità e armonia tra le varie dimensioni del sé. Si tratta di un lavoro di arricchimento e superamento delle proprie conflittualità interne per affrontare la vita in modo più aperto e con una visione più ampia di ogni sfumatura.
La valutazione
Il primo colloquio è dedicato ad analizzare il problema, delineare le possibile cause, proporre delle strategie di gestione dei sintomi, definire gli obiettivi e concordare il percorso terapeutico personalizzato. Per fissare un appuntamento clicca qui.