Disturbi di ansia
I disturbi d’ansia (a volte accompagnati da attacchi di panico) sono tra i disturbi più diffusi che quotidianamente mi trovo a trattare. La persona che ci soffre vive una costante sensazione di allerta, fastidiosa e pervasiva, che nei casi più gravi può limitare molte attività quotidiane come andare al lavoro, a fare la spesa o guidare.
L’ansia generalizzata è apparentemente priva di una causa specifica, e spesso la persona non riesce a capire come mai è comparsa in quanto (apparentemente) “tutto va bene”, “non c’è niente che le manca”, “ha tutto per essere felice” e i problemi quotidiani, tutto sommato, “sono lievi e superabili”.
L’elemento più fastidioso dell’ansia è l’incapacità di controllarla. L’intensità può variare di giorno in giorno o all’interno della stessa giornata, e può comparire improvvisamente senza preavviso. La persona tenta perciò di combatterla in tutti i modi, ma con risultati scarsi o nulli, o addirittura con effetti controproducenti che provocano un aumento della sua intensità e una maggiore frequenza. Si instaura così un circolo vizioso che porta la persona a preoccuparsi anticipatamente dell’ansia ancora prima che compaia, innescando la cosidetta paura della paura.
Quando arriva da me, chi soffre d’ansia è molto preoccupato di non poter controllare questa sensazione e di non capire quali siano le cause. Teme che il malessere non l’abbandoni e, a volte, che il disturbo sia una malattia incurabile. Convinzione totalmente sbagliata.
Come si affronta
Il primo errore che ingenuamente si commette, e che poi porta ad alimentare l’ansia, è di considerare l’ansia come una nemica da sconfiggere e da eliminare in quanto reazione indesiderata, spiacevole e priva di senso del nostro corpo. Ma così non è.
Per prima cosa, è necessario assumere esattamente l’atteggiamento opposto, ossia dare dignità alla propria ansia e considerarla una reazione “amica” del nostro corpo e della nostra mente che ci obbliga a porre l’attenzione su qualcosa di importante che stiamo trascurando. Nella mie esperienza clinica tutte le persone che superano i disturbi d’ansia provano, al termine del loro percorso, un sentimento di gratitudine per il ruolo che l’ansia ha esercitato nella loro vita. In altre parole: l’ansia è stato il punto di avvio di quel cambiamento che le ha portate al benessere e una migliore qualità di vita.
In altre parole, non esiste una parte di noi tanto masochista da provocarci gratuitamente tanto malessere e dolore: questa parte altresì ci vuole bene, ci mette sull’allerta per correre ai ripari e stare meglio. L’ansia compare quando la nostra coscienza trascura o non porge ascolto a quelle parti profonde di noi indispensabili per il nostro benessere. Utilizzando una metafora l’ansia è la spia della benzina che si accende nel cruscotto, non è il problema in sé; il problema è il serbatoio vuoto.
Ascoltare l’ansia significa quindi andare alla ricerca del suo significato profondo, in modo di trovare la radice del problema e risolverlo. Quando questo avviene, l’ansia come per incanto sparisce.
La psicoterapia
Il percorso terapeutico mira a intraprendere due direzioni tra loro interdipendenti:
- insegnare tecniche di gestione dell’ansia (corporee, comportamentali e mentali) che permettono alla persona di gestirla fin da subito, attenuarne l’effetto e aumentarne il controllo con una sensazione di immediato sollievo e maggiore sicurezza;
- ricercare e analizzare il significato profondo dell’ansia lavorando sulla consapevolezza di sé e sul ruolo del sintomo nella propria sfera personale e relazionale. Ogni persona è unica e originale, come è unico e personale il significato della propria ansia.
Ricercare il significato profondo non significa intraprendere un lungo lavoro di analisi fino agli albori della propria infanzia (modalità tipicamente psicoanalitica) ma analizzare “chirurgicamente” il messaggio del sintomo nel qui ed ora della vita della persona per ritrovare il benessere in tempi brevi e in modo duraturo.
La terapia farmacologica
In alcuni casi alla psicoterapia può essere affiancata una terapia farmacologica (in tal senso mi avvalgo della collaborazione di medici specialisti). La suggerisco solo nel caso in cui l’ansia, nella fase acuta, interferisca con il normale svolgersi delle attività quotidiane importanti (ad esempio se impedisce alla persona di andare a lavorare). In questo caso il farmaco rappresenta una stampella che sostiene il percorso psicologico.
La terapia farmacologica da sola non rappresenta una cura, in quanto tende a coprire i sintomi e di conseguenza non permette alla persona di entrare in contatto con la vera fonte del proprio malessere. Purtroppo c’è una tendenza diffusa alla medicalizzazione, e spesso mi trovo di fronte a persone che assumono psicofarmaci quando non ne hanno un effettivo bisogno.
La valutazione
Il primo colloquio è dedicato ad analizzare il problema, delineare le possibili cause, proporre delle strategie di gestione del sintomo, definire gli obiettivi e concordare il percorso terapeutico personalizzato. Per fissare un appuntamento clicca qui.